↑ Fotografia per manifesto sulla ceramica con matrici
di oggetti ritrovati sulla battigia, 1986.
→ I nefasti contenitori dei liquidi per lavare, ritrovati difformi sulla battigia, a causa dei percotimenti marini, sono stati affidati, per una piccola ed unica produzione di serie, alla maestria di Franco Bucci, ceramista di chiara fama. Estratti dal forno, i contenitori hanno acquistato un volto quieto ed arcaico per la plasticità levigata del dosaggio sapiente delle salature e la tenuità dei colori.← Michele Provinciali
↑ Tratto da “Il sentimento del tempo – Michele Provinciali”
Grafis Edizioni 1986
↑ “Pop Arch.” Porzione di pieghevole lungo m. 4,15 progettato per Imago No. 12 con oggetti trovati sulla spiaggia di Viareggio negli anni sessanta.
→ “La memoria degli oggetti. Osservando le bottiglie di Michele, ma in genere tutti gli oggetti che Provinciali ha raccolto e ci ha restituito, si ha l’impressione di essere di fronte ad un’evidenza: gli oggetti hanno memoria. Si ricordano e ci ricordano ciò che sono stati, ma anche i mutamenti che hanno attraversato. Si ricordano e ci ricordano di essere stati pensati, creati, scelti, utilizzati, consumati, dimenticati, buttati. Si ricordano e ci ricordano di essere vissuti.
Questa memoria si imprime nella forma è la si può toccare, perché modella la materia lasciandovi un’impronta indelebile. Ogni piega, ogni ammaccatura, ogni torsione è il frammento di una storia da scrutare con lo sguardo, leggere con le dita. Forme icastiche le definiva Michele, tanto belle e necessarie da convincersi che non bastava raccoglierle, conservarle, metterle in cornice. Occorreva farne dei calchi come si fa con i reperti antichi. “Li devo conoscere e capire, non posso permettermi di ignorarli” spiega a chi gli domanda il perché di questo paziente lavoro di riconoscimento.
Michele ha svolto per anni la sua infaticabile attività di archeologo del presente cercando le impronte della memoria sugli oggetti per offrirceli come specchio della nostra condizione umana. Una condizione così fragile da commuoversi di fronte a cose di nessun valore come i rifiuti restituiti dal mare sulla battigia, ma anche così forte da riconoscere proprio in quegli oggetti senza alcuna importanza il senso del nostro esserci. Michele era un esistenzialista, amava il cinema e la letteratura francese, amava il Jazz, amava viaggiare. Ma i suoi viaggi scrupolosamente preparati non erano solamente spostamenti geografici erano piuttosto incursioni nel tempo alle radici della nostra civiltà: l’Iran, la Turchia, il Mediterraneo.
“Raccolgo le cose comuni, quelle che si vedono sempre e non si guardano” spiega Provinciali a Giuseppe Pontiggia che lo interroga sul suo lavoro, e lui, Pontiggia, cerca di capire, ascolta attento, osserva curioso, ne coglie la loro umanità sorprendente e discreta.
Le bottiglie di Michele come quelle di Morandi sono lì per farci riflettere, ci insegnano a prendere tempo e a guardare lontano. Ci aiutano a ricordarci chi siamo..← Franz Ramberti
↑ Tratto da “Gli oggetti ritrovati – I gres di Michele Provinciali”,
Galleria via Passeri Pesaro, 2012
Objective No. 5 Gli oggetti ritrovati